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Dalle immagini fatte a mano alle immagini fatte a macchina. Velocità di produzione e di circolazione.

Sin dagli albori dell’umanità, l’ossessione dell’uomo, rispetto alla realtà che lo circonda, è stata la sua comunicazione ai consimili.
Condividiamo questa esigenza con altre specie, naturalmente, ma mentre per gli altri animali il problema è essenzialmente legato alla sopravvivenza (avvertire i consociati di un pericolo – il fischio delle marmotte all’avvicinarsi di un predatore – oppure di una fonte di cibo sicura – la danza delle api per indicare un luogo ricco di fiori), l’uomo ha da subito cercato di fornire altre informazioni: la celebrazione di gesta epiche nella cattura di un animale (come nelle pitture rupestri), la descrizione di una scena divertente (pensiamo ai dipinti irriverenti di Brueghel) o terrorizzante (indimenticabile la mostruosa descrizione dell’inferno fatta da Giotto, nella Cappella degli Scrovegni a Padova …).
Nella descrizione della realtà prima ancora della scrittura, l’uomo è ricorso all’immagine: il mezzo più immediato, diretto e potente che avesse a disposizione per trasferire informazioni.
La storia, la religione e la cultura hanno portato, nei secoli, ad un graduale affiancamento (e, in alcuni casi, come in certe religioni) a una completa sostituzione della parola scritta all’immagine. Fino a che la parola scritta ha cominciato a regredire e d’oggi assistiamo a un prepotente ritorno del visivo.
E’ noto come, nella produzione di immagini a mano l’uomo abbia cercato la maggior attinenza possibile alla realtà ed è opinione di molti che la fotografia dovesse necessariamente nascere. Dalle immagini ricalcate dai più grandi pittori grazie alla camera obscura, il passo per cercare di fissare quel visivo immateriale su un foglio di carta è stato breve.
Il progresso tecnologico ha fatto il resto: a partire dal 1888, quando la Eastman Kodak lanciava sul mercato la prima macchina economica, facile da usare e maneggevole, apriva le porte alla fotografia di massa e, in meno di cento anni, ci conduceva da un mondo fotografico elitario, riservato ai pochi che potevano permettersi l’acquisto di materiali e macchinari costosi e ingombranti, a una produzione di immagini facile e democratica, volando dalla complessità della fisica e della chimica necessarie all’analogico, alla veloce semplicità dell’elettronica. L’immagine “fatta a macchina” è oggi alla portata di chiunque abbia uno smartphone in tasca.
Di pari passo con la disponibilità delle fotografie è andata la loro circolazione, basti considerare i miliardi di upload quotidiani su internet che fanno sì che attualmente si possa affermare di essere immersi in un vero e proprio mare di immagini.
Contemporaneamente l’indagine sempre più approfondita svolta dagli artisti sugli effetti della enorme disponibilità di immagini ha permesso di evidenziare due aspetti fondamentali della fotografia:
. la sua capacità di penetrare nella nostra vita di ogni giorno e così di influenzare il nostro modo di pensare e di capire il mondo che ci circonda e il rapporto tra verità e realtà (come nel lavoro di Martha Rosler, House Beautiful: Bringing the War Home
 https://www.moma.org/collection/works/150119?artist_id=6832&locale=it&sov_referrer=artist
che evidenzia quanto la esposizione reiterata a immagini brutali conduca a un’assuefazione tale da far sì che addirittura si possano consumare i pasti guardando con indifferenza scene di sangue
. la sua estrema fragilità. Una fotografia infatti può essere manipolata a seconda della necessità o dell’interesse di chi se ne serve (basti pensare alle parole di Thomas Ruff sulla sua serie “Jpegs”, 

https://www.moma.org/collection/works/149384

che evidenziano quanto sia essere facile, al giorno d’oggi, alterare un’immagine con la semplice sostituzione di un pixel a un altro).

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FROM “HANDMADE” TO “MACHINEMADE” IMAGINES. EASE AND SPEED OF PRODUCTION AND CIRCULATION
Since his very beginning, human beeing obsession towards the world around him has been that one to comunicate it to his peers.
Of course we share this need with other animal species, but while for them the problem to solve is strictly related to their survival (warn peers of a danger – the whistle of groundhogs at the predator arrival; or of a safe source of nourishment – the bee’s dance to point a flower field), man has always tried to communicate also other informations, as the celebration of epical deeds (like rock painting), or the description of an amusing scene (just think at the irriverent Brueghel’s pictures),
To describe his reality, before using writing, men resort to imagine: the most immediate, direct and powerful mean at his disposal for information transfer.
History and culture lead, through the centuries, to gradually flank (and in certain cases, as it happened in some religions) to a complete replacement of the imagine.
It is common knowledge that, in his producing “handmade imagine”, man has always tried to be the most faithful to reality he could. It is a matter of fact that many people think that photography must necessarily born. From imagines produced with the “camera obscura”, that the greatest painters (Caravaggio, Canaletto, Vermeer) used, it has been a short step trying to fix that imagine on a paper sheet.
Technological progress “did the rest”: from 1888, when the Eastman Kodak Company introduced an inexpensive, easy-to-use, handheld camera, and in doing so effectively opened up photography to the masses, leading us, during a century more or less, from an exclusive “photographic world” restricted to those who could afford the purchasing of expensive and cumbersome materials and equipment, to (and here I amthinking about “Simon” the first smartphone that IBM projected in 1992) a simple and democratic imagine production, flying, at the same time, from the complexity of physics and chemistry necessary to the analogic photography, to the fast simplicity of electronics. The machine made imagine is nowadays suitable for all those who have a smartphone in their pocket.
Hand in hand with imagines ease and fast availability went their circulation, just think to the billions of everyday uploads on the internet, which made us assert thet we are deeply plunged in a real “ocean of imagines”.
Contemporarily, the artists’ investigation on the effects of huge availability of imagines underlined two essential aspects of photographies:
. their capability to “soak” our everyday life and thus influence our way of thinking and understand the world around us and the relationship with truth and reality (such as Martha Rosler’s series “House Beautiful: Bringing the War Home”, that makes understand how simply a continuous exposure to brutal imagines can lead to such an inurement that we can also take our meals looking at bloody scenes)

.their extreme frailty, so that they can be manipulated according to the interests or needs of those who propose them (just think to Thomas Ruff interview about his series “Jpegs”, in which he explains how it is easy nowadays to adulterate an imagine just substituting a pixel with another one).

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